Walter Giubbilini

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Scritto da Gianluca Giunchiglia   

Un giorno nuovo
Racconto breve di Gianluca Giunchiglia


Tommaso si slaccia il giubbotto e s’accorge che un bottone gli è saltato!
- Oddio, sarà caduto mentre correvo! - pensa, e sente il tun tun dei battiti del cuore che pulsano intensi sulle tempie. Questa volta deve aver corso tanto perché si è persino messo a contarli appoggiando l’indice vicino all’orecchio.
Al parco ci sono dei ragazzi che non ha mai visto. O forse sì, ma non se li ricorda perché ci veniva sempre con la nonna quando era piccolo e, anche se non sono passati tanti anni, sembrano cento perché ora lui dice che è grande, ha undici anni ed esce da solo.
Si avvicina un tipo con i capelli ritti fissati col gel, e gli chiede:
- Come ti chiami?
- Tommaso, e te?
- Michele.
- Vieni a giocare con noi?
- A cosa?
- Stiamo facendo la gara con le bici, qua sulla pista… oggi è nostra, ci possiamo girare tutto il pomeriggio fino a buio.
- Ma io non c’ho la bici. Cioè… sì ma a casa!
- Beh, portala giovedì prossimo… così gareggi anche te.
Michele monta sopra la sua bmx rossa e raggiunge gli altri che si stanno scaldando con i soliti giri di ricognizione. La pista non è poi così grande, però per le scorribande va bene. A renderla divertente sono le due salite all’estremità. Da lì si prende la spinta per poi accelerare in discesa, a tutta birra, verso il rettilineo.
- Per prendere bene le curve è bene arrivare non troppo veloci sulla salita in modo da riuscire a girare il manubrio dolcemente, - pensa Michele.
Poi, c’è chi la percorre al massimo delle proprie forze e succede spesso che cada e si sbucci le ginocchia. Ma non è niente! Come Fabrizio, che tiene sempre le toppe colorate sui jeans. Gliele cuce la mamma, che non ne può più di comprargli pantaloni nuovi.
Tommaso si siede sulla panchina e si mette ad osservare. Gli sbuca dalle gambe un gattino col pelo rosso, bellino, con una macchia bianca sulla testa, che cerca di “dirgli” qualcosa, perché si struscia col muso sui pantaloni e subito va via. - Che gatto strano, - pensa, - il mio non si sarebbe mai avvicinato a uno sconosciuto, beh… vede sempre noi in casa, e se arriva qualcuno si nasconde.
A Tommaso il sudore per la corsa, che ha appena fatto, s’è ghiacciato addosso. Sente una bolla umida sulla pancia. Si mette le mani sotto la maglietta per scostarla dalla pelle e si accarezza piano. Non sente più quel brivido di freddo e si piega in avanti pronto a gustarsi la gara. I ragazzi urlano. Si insultano perché non si trovano sulla partenza. C’è sempre chi vuole fare il furbo e spintona prima del via. E poi, “te sei più avanti, te c’hai la bici più buona…”, i soliti discorsi insomma!
Michele fa da paciere. A un certo punto dice:
- BASTA! ORA SI PARTE!

- Chissà da quanto sono amici per dirsi tutte quelle cose! - pensa Tommaso.

- VIA! - urla Michele.

La corsa inizia. Michele va subito in testa. Fabrizio e Matteo gli stanno dietro, lui se li sente sul collo. Uno, due, tre giri. Loro sempre dietro, uno di qua, uno di là dalla ruota posteriore della sua bicicletta. Si sente puzza di gomma bruciata. Il pavimento si segna di strisce nere, robuste, che cancellano i segni passati. - Voglio ridisegnare la pista, - pensa Michele, - con il nero delle mie gomme!
Tommaso è sempre lì che guarda. Il gatto gli si è messo accanto e sembra preso anche lui. Quattro, cinque, sei giri… ora sono al settimo! Michele è davanti, va verso il traguardo. C’è una felpa rossa annodata al corrimano della pista, che segna l’arrivo. Ce l’ha messa Fabrizio. E c’è Tommaso che urla a squarcia gola, come se lui e Michele si conoscessero da sempre:

- VAI, VAI, VAI!

È l’ultimo rettilineo. Michele sbircia dietro se gli altri due sono vicini, ma no, per fortuna no, non li vede, sta alzando le braccia al cielo, quando la bici si piega, il manubrio si gira di colpo e lui cade. Batte la testa per terra e sente una vampata corrergli addosso. Non capisce subito, finché sente scendergli qualcosa di caldo dai capelli. Allora si tocca il viso e vede rosso. Sangue rosso che scende veloce bagnandogli il viso, le mani. Sente caldo, tanto caldo, e sviene.
- Michele, Michele svegliati! - gli urlano Fabrizio e Matteo sopra di lui. Tommaso entra nella pista, si toglie il giubbotto e glielo posa sulla fronte dove vede la carne che si è aperta.
- Chiamate la sua mamma! - dice Tommaso, mentre Michele ha riaperto gli occhi e non sa se piangere o svenire di nuovo, come se dipendesse da lui.
- Stai tranquillo, non è nulla, - gli dice Tommaso, mentre gli tiene premuto il giubbotto sulla fronte. - Ora ti vengono a prendere… e passa tutto, - lo rassicura, anche se la sua voce è tremolante, e sente di nuovo quel brivido, quel sudore freddo, questa volta per la paura.
- Lo sapevo, - dice Fabrizio, - che, prima o poi, qualcuno si faceva male sul serio!
- Vai! non stare lì impalato! Chiama qualcuno… - gli urla Tommaso.
Una signora del palazzo di fronte ha sentito, si è affacciata ed ha visto quei ragazzi con le loro bici lasciate a terra, le urla e quei movimenti scomposti e così è corsa al telefono a chiamare soccorsi.
- Come posso farmi male in un momento come questo, - pensa Michele, - ora che stavo bene e avevo vinto!
L’ambulanza sta entrando nel parco a sirene spiegate e tutti si sentono più tranquilli.
Tommaso guarda il nuovo amico ferito e gli dice col sorriso negli occhi: - Saliamo noi con te, non vorrai arrivare primo anche questa volta!?
A Michele si piega la bocca, non sa se può ridere, ma si lascia andare e scoppia a piangere. Piange di gioia, piange perché i suoi amici sono con lui. Vuole bene a tutti loro. Anche a Tommaso, che non poteva correre perché non aveva la bici, che non lo conosceva perché non l’aveva mai visto, che adesso è il primo a fermargli il sangue col suo giubbotto, quello preferito.
Gli alberi hanno messo le foglie, Michele ci posa gli occhi scostando con una mano i capelli intrisi di sudore e sangue. Le lacrime gli fanno vedere un verde bagnato, offuscato. Qualcuno gli pulisce il viso con una benda umida, vede il colore fresco di clorofilla. Un verde fosforescente, che si muove col vento, appena nato.
Attorno c’è silenzio e profumo di limoni.

 
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